Per la riforma della sanità lombarda

22 febbraio 2021

L’intervento sull’odg che dà impulso alla discussione della riforma della legge 23

Occorre una vera e propria inversione a U rispetto al percorso intrapreso con la Legge 23, per puntare sulla sanità territoriale e sull’assistenza di prossimità.

“La pandemia – cito un documento dello scorso dicembre di Cgil, Cisl e Uil Lombardia – ha evidenziato le debolezze del nostro sistema sociosanitario, rendendoci più consapevoli dell’importanza di un servizio sanitario universalistico e pubblico e del fatto che la spesa sanitaria, dopo anni di razionamenti e di definanziamento, debba considerarsi un investimento per il benessere di tutti e di ciascuno”.

In questi mesi di pandemia, il sistema salute lombardo si è dimostrato carente soprattutto sul fronte della sanità di territorio e dell’assistenza di prossimità.

Questo non è dipeso solo da un difetto d’attuazione del mandato legislativo, ma dall’impianto stesso della legge di riordino del 2015, che perciò va modificato.

È necessario intervenire sulla legge regionale per:

– riordinare la governance del SSL, riportando in un un’unica Azienda Socio sanitaria (come da normativa nazionale vigente) le funzioni e le strutture di prevenzione, diagnosi e riabilitazione.

– riorganizzare la sanità territoriale, valorizzando e rafforzando i Distretti e creando negli ambiti distrettuali dei “Punti Salute” da intendersi come luogo fisico di prossimità vicino ai cittadini, di presidio e coordinamento della rete dei servizi territoriali che realizzi una reale integrazione sanitaria, socio-sanitaria e sociale, con una distribuzione e localizzazione territoriale adeguata e accessibile per rapporto alla popolazione e alla viabilità e ai servizi di trasporto pubblico locale;

– sviluppare la continuità di cura ospedale-territorio e la presa in carico;

– innovare modelli organizzativi e di servizio in ambito sociosanitario per una maggiore appropriatezza e qualità dell’assistenza regolando e calmierando le rette e garantendo la copertura del 50% dei costi nelle residenze socio sanitarie che deve essere a carico del Fondo sanitario come previsto dalla normativa sui LEA.

Il rapporto pubblico/privato dovrà essere rivisto in direzione di un riequilibrio a favore delle strutture pubbliche. In questo senso è necessario riconsiderare il percorso di autorizzazione/accreditamento e contrattualizzazione degli erogatori privati sanitari e sociosanitari, rivedendo le regole di ingaggio, le procedure ed il sistema di remunerazione, per favorire una maggiore integrazione e collaborazione con il sistema pubblico di cura e assistenza, con un governo pubblico che, sulla base di una programmazione regionale e territoriale fondata sull’analisi dei bisogni assistenziali, sappia orientare le risorse e l’offerta sanitaria privata.

Occorre, propongono i sindacati, “costituire un assessorato unico, che integri le politiche sanitarie, socio sanitarie e sociali a prevalente impatto socio-sanitario (comprese le politiche per la disabilità), potenziando il ruolo dei distretti, affinché riorganizzino i servizi sul territorio, garantendo il collegamento tra epidemiologia e prevenzione sanitaria, presa in carico e appropriatezza delle cure nel posto e nel momento giusti, spostando l’asse assistenziale delle cure dall’ospedale al territorio, valorizzando il ruolo dei Comuni”.

Presupposto irrinunciabile per un’efficace riforma della sanità lombarda è che sulla riforma della legge di riordino la politica regionale ascolti le istanze del territorio.