Intervento su bilancio e POP 2021

27 aprile 2021

Dopo un anno straordinario, in cui lo sforzo messo in campo dal Comune ha retto – oltre che per l’impegno personale di sindaco e giunta, dei dipendenti comunali, dei volontari, di tantissimi cittadini singoli e associati… – grazie al supporto economico dello Stato, ci attende un anno di grande incertezza, un anno ponte. Per molti aspetti.

Ci è già stato anticipato che il bilancio di previsione che stiamo discutendo non avrà probabilmente a fine anno le stesse fattezze: metteremo mano a numerose variazioni, dovremo essere flessibili, sperando che l’uscita dal tunnel della pandemia sia imboccata.

Ma la lettura del bilancio del 2021 dice alcune cose importanti.

 

Il primo bilancio di uscita dalla pandemia, pur nelle sue incertezze, conferma la volontà di garantire i servizi alla persona, sociali, culturali, sportivi, educativi… la prima lezione della pandemia è che non si può arretrare di un passo nel garantire i diritti – perché di questo si tratta – ai cittadini. Il ritorno alla normalità da tanti invocato è un ritorno alla prossimità dei servizi e a un loro ripensamento e aggiornamento perché siano più puntuali ed efficaci.

Al consigliere Ribolla che lamenta i soldi spesi per gli immigrati invece che per i commercianti “bergamaschi” segnalo che il bilancio si rivolge ai 120.000 cittadini di Bergamo. Non esistono i commercianti contrapposti agli immigrati, come non esistono i bergamaschi contrapposti ai disabili. Ci sono cittadini e cittadine con esigenze e diritti cui rispondere. Ci sono commercianti immigrati e non. Ci sono disabili immigrati e non. Sarebbe tempo, peraltro, di prendere atto che quasi il 20% della popolazione cittadina ha origine straniera; per alcune fasce d’età, la percentuale sale al 30-35%. L’amministrazione si fa carico di chi abita in città, paga le tasse, usufruisce dei servizi. Questi sono i cittadini.

 

Il secondo elemento è la continuità delle opere pubbliche. Non si arretra nella cura della città come non si arretra nella cura delle persone. Ci sono grandi necessarie e coraggiose opere, come il restauro di Santa Maria Maggiore o la nuova GAMEC, e ci sono le mille piccole opere. Ed è qui che la parola ponte acquista un significato diverso, di passaggio da una sponda all’altra, di transizione da un modo all’altro di gestire la città.

In questo periodo abbiamo scoperto, per necessità e per scelta, il territorio di prossimità, il quartiere, la distanza breve

Credo che allora anche la logica dei lavori pubblici possa e debba articolarsi: le “piccole opere” vanno sempre più valorizzate, perché è anche tramite la soluzione di piccoli problemi, la facilitazione di passaggi, l’eliminazione di barriere, architettoniche e no, che si alza la qualità della vita in una città. Anche qui ci vuole coraggio. E sono personalmente un fan del restauro dei lavatoi cui l’assessore Brembilla ci sta abituando, per il significato di recupero della memoria, oltre che di eliminazione del degrado e qualificazione dell’ambiente che comportano.

Qualche esempio di articolazione dei lavori pubblici.

  • Puntiamo con il nuovo PGT ai servizi a 15 minuti? Occorre che vengano favoriti i passaggi pedonali e ciclabili dappertutto, le panchine per la sosta, le rastrelliere per le biciclette, le pensiline alle fermate ATB, gli scivoli ai passaggi pedonali, l’arredo urbano… altrimenti la richiesta sarà solo di avere parcheggi auto davanti a ogni servizio.
  • Abbiamo riscoperto i dehors per bar e ristoranti. E l’esempio dell’allargamento dei marciapiedi in Borgo Santa Caterina è una risposta anche a questa esigenza, ma più in generale alla necessità di rendere le vie abitabili e frequentabili, non solo canali di scorrimento il più veloce possibile dei veicoli. Dev’essere piacevole uscire di casa, non solo per andare in garage a prendere l’automobile.
  • Stiamo assistendo a un boom di riscoperta del territorio, dei colli e di Città Alta: la qualificazione delle scalette e dei sentieri è una validissima ecologica e pratica alternativa sia all’assalto automobilistico a Città Alta, sia all’assurdo assembramento sulla Corsarola. Ho proposto in commissione, in vista del 2023, la riqualificazione dei luoghi d’accesso alla città, da fare in collaborazione con i Comuni confinanti, per qualificare la nostra accoglienza.
  • Fa parte di queste scelte anche il forte impegno sul verde pubblico. Non solo sui parchi – anche questi rivalutati nel recente periodo, anche a fini didattici e sportivi – su cui va continuata la periodica opera di manutenzione e riqualificazione. Vanno valorizzate le innovative proposte di area umida a Grumello al Piano e la realizzazione di nuovi orti, che rispondono ad attualissime necessità di ricreazione, socializzazione, rapporto con l’ambiente. Siamo riusciti ad avviare nella triste ricorrenza di un anno dalla partenza dei camion dell’esercito con le bare dei nostri concittadini – giorno che è diventato giornata nazionale di commemorazione – il “Bosco della Memoria” alla Trucca. Anche qui, una scelta significativa e piena di futuro. Ringrazio l’assessora Marchesi che ha accolto il mio suggerimento di valutare l’utilizzo del legname recuperato dai boschi colpiti dalla Tempesta Vaia, un altro evento scatenato dal cambiamento climatico.
  • Nel nuovo PGT parliamo di riutilizzo degli spazi scolastici, spesso vuoti al di là dell’utilizzo primario. Sono certo che nella progettazione di nuove scuole o nel restauro dell’esistente si diano indicazioni per la massima sostenibilità ecologica, sull’efficienza energetica. Occorre che siano analogamente presenti indicazioni sull’utilizzo plurimo degli spazi, sull’apertura al territorio. L’ingresso della scuola, storicamente collocato sulla via principale d’accesso al quartiere, va pensato decentrato, accessibile a piedi e in sicurezza. Non cambiano i costi, cambia l’approccio.
  • C’è un aspetto che manca, invece, nel Piano delle opere pubbliche, che ho già segnalato in commissione, ed è la rete dei parcheggi periferici, snodo e condizione per una politica di mobilità cittadina. Non si trovano, mi è stato risposto. Bisogna trovarli, replico ostinatamente, perché l’alternativa è tornare alla paralisi da traffico. Se non li troviamo sul territorio comunale, occorre passare in una logica di “grande Bergamo” a ragionare con i comuni limitrofi, per risolvere un problema comune.
  • Un’osservazione su alcuni emendamenti della Lega sul POP: trovo curioso proporre di vendere, con la motivazione che è poco utilizzata, Casa Suardi su cui la città si è mobilitata dopo che l’amministrazione Tentorio, guarda un po’, ha provato ripetutamente a venderla. E in cambio, proporre di anticipare il restauro della Torre del Galgario. Che non mi risulta né utilizzata, né utilizzabile. La torre andrà sistemata, ci mancherebbe, ma su Casa Suardi ci sono progetti precisi e attuali, che danno senso e vita a Città Alta. Con l’ampliamento della Biblioteca Angelo Mai negli spazi di Casa Suardi si porterà a compimento la creazione di un polo culturale di straordinaria importanza, che favorirà la creazione di un sistema integrato tra le aree archeologiche di Piazza Vecchia e di vicolo Aquila Nera, il Museo del Cinquecento nel Palazzo del Podestà, il Museo della Cattedrale e il Palazzo della Ragione, che sempre più confermerà la sua vocazione ad ospitare mostre di grande rilevanza. Ma sono progetti evidentemente ignoti a chi pensa più utile piazzare un hotel in Piazza Vecchia.
  • Quanto alla proposta di vendere l‘edificio dove è attivo il centro sociale Pacì Paciana, alzo l’asticella: vendiamolo agli occupanti, sfidandoli a un progetto di rilevanza sociale in cui rischiano anche in proprio?
  • Così, trovo curioso pensare di non fare la Gamec al Palazzetto perché – visto che le squadre faranno i campionati nel nuovo Palasport – questo può servire per gli allenamenti. Mi sembra piuttosto “di lusso“ mantenere una struttura del genere per gli allenamenti. E rinunciare alla grande occasione, e al finanziamento, di una grande Gamec.

 

In conclusione, la grande profonda lezione della pandemia è che sempre di più occorre guardare davanti a noi su periodi lunghi. Il breve respiro non ci porta da nessuna parte.

Per questo credo importante quanto spendiamo e come lo spendiamo. Quanto costruiamo e come lo costruiamo.

L’esito del Piano nazionale di ripresa e resilienza non è confortante, in questo senso: nonostante che – va dato atto – mai prima d’ora il nostro paese abbia visto investimenti così cospicui sul fronte ambientale, la spesa per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” è stata drasticamente ridotta di oltre 10 miliardi rispetto a quanto inizialmente annunciato.

Manca una strategia sulle fonti energetiche rinnovabili, non si intravede nessuno sviluppo reale della mobilità elettrica, sono stati posti insufficienti obiettivi per allinearsi ai maggiori impegni di decarbonizzazione europei confermati in questi giorni (-55% anziché -40% emissioni Co2), la maggior parte delle risorse per la mobilità è dedicata “all’alta velocità”, mentre l’infrastruttura della mobilità elettrica riceve meno di 1 miliardo.

Un vero piano per il clima dovrebbe puntare di più su rinnovabili, efficienza energetica, ricerca, trasporto pubblico locale, lavoro green, giovani e donne.

Il PNRR, anche se affronta molti temi giusti e condivisibili e si avvale di un ulteriore fondo complementare finanziato con debito pubblico, non è all’altezza della sfida climatica e rischia di far restare l’Italia perennemente in ritardo sulla trasformazione economica in corso a livello globale.

Ma l’ora del cambiamento è adesso.